Immagina un brano che inizia con ogni strumento dell’orchestra che suona una nota diversa. Il risultato è un cluster cromatico che copre più di cinque ottave. Lo spartito del direttore si estende su due pagine disposte verticalmente. Questo è Atmosphères per orchestra di György Ligeti.
Un po’ di contesto
György Ligeti (1923-2006) perse gran parte della sua famiglia durante l’Olocausto. In seguito, affrontò l’oppressione vivendo sotto il controllo sovietico in Ungheria. Nel 1956 riuscì a fuggire e si stabilì in Germania. Qui si dedicò al massimo per recuperare il tempo perduto e ad unirsi al movimento d’avanguardia del dopoguerra. A Colonia incontrò Stockhausen e Koenig, e il loro approccio sonoro ispirò Ligeti a sviluppare una nuova tecnica di composizione.
Micropolifonia
Nella “micropolifonia” di Ligeti, molte linee musicali si sovrappongono e si muovono indipendentemente, creando una trama densa e in continuo mutamento, quasi come una “nebbia” sonora. È una massa sonora immersiva, densa e in costante lenta trasformazione, dove il timbro è il vero protagonista della composizione.
Statico ma in movimento
La musica forma una densa nube sonora che sembra inizialmente immobile, ma che si muove in modo quasi impercettibile, trasformandosi continuamente nel tempo. Questo dà alla musica una sensazione unica: si è immersi in qualcosa di vasto e apparentemente statico, ma che invece è sempre vivo, che cambia continuamente, creando così un senso di suspense in chi ascolta.
Forma musicale
Atmosphères (1961) non segue una forma musicale tradizionale con movimenti o sezioni definiti. È costruito intorno a una trama sonora continuamente in evoluzione. La durata del pezzo è di circa 8-10 minuti, un tempo relativamente breve, ma che sembra molto più lungo grazie alla sua natura densa e immersiva. La musica crea una sensazione di sospensione del tempo, come se il tempo stesso fosse dilatato o addirittura fermato durante la sua esecuzione.
Accoglienza ed eredità
Oggi, Atmosphères è considerato uno dei lavori più importanti di Ligeti ed è ritenuto un capolavoro della musica classica moderna.
Il pezzo fu utilizzato nella colonna sonora del film di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio” (1968), facendo conoscere la musica di Ligeti a un pubblico molto più ampio.







